
L’altra faccia della storia di Manlio Dinucci
Considerazioni
Ho sempre avuto uno spirito critico, anche se alcuni dicono che si tratta di polemica. Non posso giudicare me stesso, però da qualche anno, noto che c’è stata un’intensificazione della critica in tutto ciò che leggo o ascolto. Questo probabilmente può essere considerato una maniera di essere controverso e non soltanto critico. Presuntuosamente considero tutto ciò una valutazione più approfondita delle informazioni che mi arrivano.
Perciò, in base alle mie conoscenze, prendendo spunto da persone che mi hanno insegnato a vagliare tutto quello che leggo, ascolto o vedo, da angolazioni diverse, cerco di immaginare oltre l’informazione fornita, anche ciò che viene taciuto, non espresso, non valutato. Mentre qualche anno fa ciò che mi arrivava dai media e da altre fonti, al massimo mi provocava dubbi e perplessità, in questi ultimi tempi automaticamente ed immediatamente mi si formano nella mente versioni alternative.
Un fatto è un fatto! Non può cambiare. Però cosa lo ha provocato può molte volte, se non giustificare, almeno spiegare il perché sia accaduto. Purtroppo nessuno di noi sa quello che è capitato veramente nel passato. Non si conosce neppure ciò che succede adesso! Basta chiedere a due persone di farsi spiegare un incidente stradale, un avvenimento, una vicenda di cui si è anche stati testimoni, per avere delle versioni diverse, se non contrastanti. Sono consapevole che quasi nessuno si rende conto di fare dichiarazioni di parte. Quando si ricerca la verità di un qualsiasi avvenimento, quasi sempre non si possono conoscere tutti i fatti, ma solo alcuni e di solito visti, raccontati o vissuti da persone che, come scritto prima, raccolgono le proprie impressioni personali.
Il libro di Manlio Dinucci, “L’altra faccia della storia”, è un documento prezioso della storia di circa 700 anni indietro, fino ad arrivare ai giorni nostri. Una ricerca minuziosa, documentata di ciò che i libri di storia non raccontano o trascurano. Informazioni quasi mai in evidenza, perché metterebbero in cattiva luce i protagonisti di massacri perpetrati in tutto il mondo dalle nazioni occidentali, cioè da noi. Non esiste un popolo o paese più spietato di un altro. Tutti, quando ne hanno avuto possibilità, si sono comportati nello stesso modo. Credo sia proprio dell’uomo essere crudele contro il suo simile. Anche in uno stesso raggruppamento, tribù, il più forte domina il più debole. In pratica la situazione, nonostante il trascorrere del tempo, non è mai cambiata. Sottrarre risorse e ricchezze a chi le possiede con qualsiasi mezzo. Arricchirsi sfruttando i più deboli in qualsiasi maniera, anche rendendo schiavi intere nazioni, interi continenti. Di conseguenza la ribellione, lo spirito di libertà veniva sempre soffocata nel sangue finché era possibile.
Notavo che la sommossa nasceva quando non era più possibile sopportare oltre le angherie e i soprusi subiti. Quindi ogni forma di protesta nasceva dal basso, dalla gente. Quando lo scompiglio veniva soffocato, tutto riprendeva come sempre, invece, quando il disordine riusciva, i capi della ribellione o rivoluzione, ottenevano di distribuire le terre ai contadini e a dare diritti ormai perduti. Purtroppo i potenti non si rassegnavano mai alla perdita dei guadagni. Trovavano sempre tra il popolo liberato, qualcuno che, per compenso, risollevava la gente contro coloro che li avevano svincolati dal dominio e dalla schiavitù. Il divide et impera era la regola aurea che andava per la maggiore. Però, anche se sul libro ne ho trovato pochissime tracce, la rivoluzione non partiva dal popolo, niente affatto. Era diretta da chi voleva sostituirsi ai padroni del momento. Il popolo non sapeva che era indotto, guidato e che era solo un mezzo per soddisfare le loro necessità. Una volta preso il comando della situazione, la rivoluzione si sgonfiava, diventava evanescente, non più necessaria e tutto ricominciava come prima. Si cambiava solo il padrone!
I latifondisti, coloro che estraevano dalle miniere materie prime, i padroni ecc. non si davano mai per vinti e in qualche modo contrastavano il cammino di quei pochi che erano riusciti ad istaurare nel loro paese, una condotta equilibrata compatibilmente con quanto era in loro potere. Questi personaggi che lottavano contro i soprusi dei conquistatori, dei dittatori, di chi deteneva il potere, erano sempre quelli che desideravano che fosse il popolo a governare sé stesso. Il potere doveva essere proprio del popolo e di nessun altro! Continuando a leggere il libro e venendo a conoscenza di quante lotte e rivoluzioni sono state combattute nel mondo, mi sono chiesto il perché io non sia mai stato da giovane, una persona di sinistra. Probabilmente perché da ragazzo non mi sono mai interessato di politica e in seguito, essendo stato un navigante, imbarcato sulle navi mercantili, ho avuto la possibilità di girare il mondo, purtroppo troppo in fretta. Infatti, le soste non erano mai abbastanza lunghe da permettermi di capire davvero quale fosse la situazione di vita di ogni paese che visitavo. Vedevo solo quanto appariva evidente! I miei interessi, nel periodo degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, quello della mia gioventù erano: trovare un buon imbarco, guadagnare molto e divertirmi. Vedevo il mondo diviso in due: quelli che stavano bene e quelli che stavano male. Nessun dubbio su quale mondo preferivo! Il libro di Dinucci mi toccava nel profondo facendomi constatare quanto ignorante e disinteressato fossi stato nel passato. Se solo mi fossi semplicemente incuriosito di più dello stato della gente, non avrei potuto starmene in disparte!
Continuavo la lettura, sempre con molta trepidazione perché le notizie che leggevo, pur essendo solo stringate e sintetiche, mi provocavano turbamento. Uno scompiglio interiore intenso per la conoscenza di tanti orrori narrati e sempre considerati veritieri. Fatti documentati, spesso accompagnati da fotografie, certificati, dichiarazioni ufficiali ecc. Tutte informazioni che io non conoscevo! Ad un certo punto arrivai a leggere una notizia che contrastava con quanto io sapevo già. In effetti quanto leggevo poteva considerarsi non corretto, oppure visto da un punto di vista diverso da quanto avevano scritto altri. All’improvviso mi scossi da una specie di incantesimo che fino a quel momento mi aveva colpito e ricordai che, come scritto all’inizio dell’articolo, tutti, nessuno escluso, abbiamo una visione personale delle cose, anche dei fatti. Continuando a leggere trovai altre vicende inconfutabili, visti però solo da una certa direzione. Come scritto prima, i fatti sono fatti, però a seconda di come si interpretano possono assumere proiezioni differenti. Per esempio quando sono arrivato alle fucilazioni delle Fosse Ardeatine, la strage di via Rasella per intenderci, il fatto è inequivocabile. Quanto ho letto però sintetizza solo alcune situazioni e non altre. Dinucci mette in luce e quindi in evidenza solo alcune dichiarazioni tra tante altre. D’altra parte lui scrive una sintesi stringata del caso, è evidente. Però sceglie tra tante informazioni quelle che personalmente reputa degne di essere lette dal lettore. Sono andato per pura curiosità a rileggere quanto già conoscevo di quella tragedia e in più ho visionato dichiarazioni su quella vicenda di alcuni giornalisti, tra cui Aldo Cazzullo e Pierangelo Maurizio. Inoltre ho seguito tutta la conferenza dello storico Alessandro Barbero sul caso, ebbene, tolte poche cose che collimano, il resto coincide poco o per niente. Eppure ogni ricercatore ha la sua documentazione, i suoi testimoni intervistati anni or sono e malgrado tutto, ognuno ha la sua verità.
Altra situazione che mi solleva dubbi è quanto scritto da Dinucci sulle foibe. Già dal titolo del capitolo “Propaganda e realtà” si capisce che forse non tutto ciò che ufficialmente narrano adesso, cioè da quando si è aperta ufficialmente la storia delle foibe, sia vero. Fino a qualche anno fa nei dizionari si leggeva che le foibe erano delle cavità nel carso dove i nazi-fascisti gettavano vivi i partigiani o quelli considerati di sinistra. Dopo sessant’anni hanno cambiato versione, non sono stati i fascisti a buttare giù i comunisti ma i soldati di Tito e i comunisti italiani, a infoibare quelli che consideravano fascisti o collaborazionisti. Come sempre una persona può essere considerato un eroe da una parte e soltanto un traditore dall’altra. Come per esempio il commissario Gaetano Collotti oppure il partigiano detto Falco. Come ho scritto prima, i fatti sono fatti ma chi poi li descrive…
Basterebbe scavare in profondità per avere informazioni alternative. In questo caso molto in profondità perché per tanti anni tutto è stato coperto, nascosto, non rivelato. In evidenza c’era e ancora c’è, solo ciò che non disturba chi, dopo la seconda guerra mondiale, è riuscito a costruire una rete molto radicata in tutte le strutture principali del paese. Si è constatato anche in Europa, che la democrazia è una parola che ha perso il proprio significato. Le elezioni sono valide soltanto se le vince il candidato che è schierato dalla parte attualmente dominante.
Io ho avuto modo di conoscere molti profughi istriani che furono cacciati dalle loro terre. Dicono che furono 300.000!
Dati dichiarati dal Maresciallo Tito, nel suo discorso pubblico del 29.12.1972 (più di 300.000 fascisti italiani hanno lasciato l’Istria) e sparsi in seguito in tutta Italia. Considerati dagli italiani, almeno da quanto raccontavano, come dei fascisti e perciò trattati male, molto male. La zona A, la zona B dell’Istria e zone limitrofe, situazioni di cui non sono riuscito a fare chiarezza nella mia mente e che non ho trovato scritte sul libro di Dinucci. Comunque a mio parere non si è trattato solo di vendette personali da parte dei militanti di Tito, come dichiarato da Dinucci. Basterebbe interessarsi anche di quello che racconta l’altra parte per avere un quadro più completo dei fatti. Compresi i profughi istriani, per avere notizie di prima mano di quello che accadde e di come furono costretti a rifugiarsi in Italia. Mi piacerebbe che tutto fosse pesato con la stessa bilancia e non come si fa spesso, due pesi e due misure.
Altre vicende, come quella del Golfo Persico del 1990 che ha creato l’operazione “scudo del deserto”, malgrado i fatti sono descritti come si sono svolti e probabilmente anche le motivazioni sono da considerare esatte, io ho un’altra opinione, scaturita da altre informazioni non in evidenza, che allora circolavano in articoli di quotidiani. Questa mia deformazione mentale nel cercare altre strade o guardare i fatti da tante direzioni, diciamo alla Pirandello, mi causa stress, anche se mi appare tutto attraverso una logica che mi appare spontanea. Sarebbe facile dare per scontato ciò che ci raccontano e scrivono senza chiedersi il perché. Dopo tutto questi ricercatori svolgono il proprio lavoro. Chi sono io che si permette di dubitare delle loro affermazioni? Non si inventano niente! Ci sono documenti che confermano quanto citano o dichiarano. Eppure, basta mettere a confronto questi esperti e subito si crea caos. Niente è lineare, sicuro, perciò alla fine, dò per scontato che ognuno, in buona fede, ha la sua parte di ragione perché, vuoi per i suoi trascorsi, i suoi studi, le sue conoscenze, sceglie fra tante possibilità che il “FATTO” in questione offre, quelle che suppone siano in linea col suo pensiero, scartando o non evidenziando le altre. Io immeritatamente, perché essendo nessuno, ma solo un curioso, mi comporto allo stesso modo. Fra tutte le informazioni, scelgo quelle che mi sembrano più vicine al mio modo di pensare e di essere. Pur non essendo un cronista e neppure uno storico, sono anch’io un essere pensante.
In conclusione, il libro di Manlio Dinucci dovrebbe essere sempre consultato senza restare a prendere polvere sul nostro scaffale. Un poco come la Bibbia, che viene letta e riletta ovunque dai sacerdoti, perché non se ne conosce e ricorda mai abbastanza.
Natale Pappalardo giugno 2025