Il CW oggi 2010
Come un ex radiotelegrafista professionista vede (sente) i radioamatori nell’ambito esclusivo della radiotelegrafia in Codice Morse.
In questo periodo (2010) purtroppo, la radiotelegrafia è relegata solo sulle bande amatoriali. L’epoca dei telegrafisti e dei radiotelegrafisti che si guadagnavano il pane con questo mestiere, è tramontata. Il CW di oggi è solo un mezzo di divertimento, un passatempo. Non è indispensabile scrivere quello che si riceve. Non è obbligatorio essere precisi con il corrispondente, se si trasmette per errore una S al posto di una H non è un problema. L’importante è riuscire a capirsi, interpretare quanto si riceve. Parecchi OM di oggi, non hanno mai scritto niente di quello che ricevono se non il nominativo, il QTH e il nome del corrispondente. E’ giusto che sia così, a che pro mettere nero su bianco tutto il QSO? Alcuni poi, amanti del CW ma impegnati con il proprio lavoro, riuscivano soltanto ad ascoltare i vari QSO e alla lunga si sono così tanto abituati a ricevere ad “orecchio” che questa è l’unica via per loro. Dopo tutto si tratta di una chiacchierata tra amici su questioni che di solito riguardano il tempo, gli apparati, le antenne. Non certo la ricezione di documenti via marconigramma, bollettini meteo, stampa ecc. dove occorreva che tutto fosse scritto in chiaro. La maggior parte degli O.M. non si cura eccessivamente degli errori, ne degli spazi trascurati fra carattere e carattere e fra parola e parola. Tanto gli OM, pensano di essere capiti lo stesso, perché il loro modo di ricevere prescinde dalla singola lettera e anche dalla singola parola. E’ tutto l’insieme della frase che conta. Il radioamatore spinto dalla sua passione, sceglie di impegnarsi per apprendere quanto deve conoscere nell’ambito dell’attività che desidera svolgere senza subire costrizione alcuna. Il professionista Radiotelegrafista di solito non sceglieva per una passione che gli bruciava dentro, optava o era costretto a scegliere un mestiere che gli permetteva un sostentamento economico. Raramente avviene che la passione ed il lavoro coincidano.
Questo risulta anche dai pochissimi ex professionisti che si incontrano sulle frequenze amatoriali. Di solito questi radioamatori ex professionisti, sono soltanto dei nostalgici che si adattano alle procedure amatoriali semplicemente per poter ancora adoperare il Codice Morse, compagno di tanti anni di lavoro. Ne consegue che i veri O.M. amanti del CW, sono disposti a molti sacrifici per raggiungere alti livelli sia nel CW e sia in altre branchie attinenti la radio, a cui gli ex professionisti non pensano proprio. Naturalmente in ambedue gli schieramenti ci sono i bravi e i cattivi operatori. Gli ex professionisti, ignorando quanto sia vasto e complesso il mondo dei radioamatori, tendono a sottovalutarne la conoscenza e la preparazione classificandoli come dei principianti in materia del CW. Mentre i radioamatori, dopo aver conosciuto gli ex professionisti, rimangono delusi perché si aspettavano in loro una maggiore preparazione e conoscenza del CW. :- ma come? Non mi riesce a ricevere a 300 c.m.? - Come mai non mi capisce? – In realtà, i radioamatori sono coloro che hanno la voglia, il desiderio, il piacere di fare il CW semplicemente perché lo hanno scelto loro e quando una cosa piace davvero, non ci sono ostacoli che tengano.
D’altra parte però questa passione, proprio perché è un hobby non è stata coltivata presso una scuola di radiotelegrafia come è capitato agli ex professionisti, è stata imparata un po’ alla buona, spesso sacrificando il tempo dedicato agli altri svaghi o addirittura al sonno. Come istruttori hanno avuto altri O.M più esperti che con volontà e spirito di sacrificio hanno insegnato loro quanto era possibile. (chi dice che è stato facile, quasi un divertimento, secondo me, non dice il vero). Fra chi ha imparato per proprio conto, ci sono degli operatori veramente valenti che hanno dedicato molti sforzi e tempo per imparare al meglio il CW. Con l’aiuto del PC sono riusciti ad avere una manipolazione corretta e precisa e ne fanno giustamente bella mostra quando si trovano in un QSO.
Questi OM hanno imparato sia seguendo dei suggerimenti sia leggendo istruzioni trovate in riviste o in vari libri. Poi con l’aiuto di internet sono riusciti ad avere un mare di spiegazioni e notizie sull’uso dei vari tasti e sui vari modi di manipolazione. Pieni di conoscenza, satolli di sapere ed ormai esperti rispetto a chi si accinge per la prima volta ad usare un tasto, si prodigano in spiegazioni, suggerimenti e spesso in dichiarazioni, di come si deve regolare un tasto e di come lo si deve manipolare. Spesso inventandosi anche cose nuove non menzionate su nessun manuale. Quando si è a conoscenza della materia così profondamente che ci vuole a “scoprire” nuove cose? In realtà i tasti telegrafici sono costruiti in modo che chiunque possa “adattarli” alle proprie esigenze e caratteristiche. Se così non fosse non ci sarebbe la possibilità di regolarli in modi diversi.
Ci sarebbe una regolazione fissa e… basta. Purtroppo questi operatori, non avendo avuto un vero istruttore che li ha seguiti dall’inizio, insegnandogli un “METODO” di manipolazione, hanno preso come riferimento un insieme di modi e di istruzioni che spesso sono in contrasto fra di loro. Da qui poi i “comandi” che impartiscono ai novizi che spesso non servono a nessun altro se non a loro stessi. Sicuramente il loro intento è quello di dare conoscenza ed istruire veramente gli altri con “quanto” e con “come” hanno imparato loro, dimenticando che ognuno è differente dall’altro e che quello che va bene per loro, non lo è affatto per tutti gli altri. Certo se il fine è riuscire a trasmettere in qualche modo, beh allora tutto va bene, ma se il traguardo è arrivare a possedere una bella manipolazione, allora le cose cambiano e anche di molto. Per parecchi, la loro considerazione non è per colui che si sta sforzando di comprenderli, ma solo per il proprio io. (Ma quanto sono bravo!) Purtroppo non si rendono conto che il CW non è soltanto uno scambio di informazioni. Se così fosse sarebbe già morto da molto tempo, bensì uno scambio di emozioni. Un passaggio di sensazioni intense per chi riesce a capirle e purtroppo di radioamatori che ci riescono ce ne sono pochi.. Eppure, anche se sempre meno, ci sono ancora persone innamorate del CW diciamo “vecchia maniera” ed è proprio per loro che mi sono deciso a scrivere questo pezzo, perché alcuni mi hanno chiesto ed ancora mi chiedono dei suggerimenti per come riuscire a manipolare bene il codice Morse con i tasti, con qualsiasi tasto.
Mi hanno anche suggerito di scrivere qualcosa in merito e pubblicare un ennesimo manuale di manipolazione, come se già non bastassero tutti quelli che ci sono in giro! Non è di un manuale che la gente ha bisogno, non sono delle istruzioni che mancano, bensì degli addestramenti di base, semplicemente degli allenamenti fatti in un determinato modo ed il controllo sistematico della propria manipolazione attraverso il PC o altri sistemi. L’importante è controllarsi e allenarsi con degli esercizi che riescano a tirar fuori gli errori e quindi autoregolarsi in merito. Non esistono trucchi o effetti speciali o una maniera particolare di tenere il pomello o la paletta, soltanto esercizio e autocorrezione. Certamente un minimo di istruzione di base da parte di un esperto è necessaria ma, anche da soli, con caparbietà si riesce ad arrivare ad alti livelli.
I due modi di interpretare il CW, quello professionale e quello amatoriale sono molto diversi fra loro, e comportano quindi due diverse maniere di apprendimento. Tutto quello che oggi i radioamatori considerano come corretto, cioè ascoltare il corrispondente e addirittura anticiparlo nella ricezione avendo già interpretato dall’inizio della parola o addirittura della frase quello che si intende dire, per i professionisti è sbagliato. Gli istruttori si sforzavano di fare capire agli allievi che occorreva ricevere una lettera per volta senza mai anticipare con la fantasia quello che poteva venire dopo. Si doveva essere certi che quel carattere era solo quel carattere e non un altro. Per questo si ricevevano infiniti testi cifrati.
Poi con l’esperienza si passava alle ricezione delle lingue, prime quelle straniere e poi, ma solo all’ultimo all’italiano, che in realtà creava molti problemi perché era quasi inevitabile interpretare quanto si stava ricevendo e solo con molti sforzi si riusciva a non curarsi di anticipare il testo. In velocità chiaramente si riusciva a scrivere qualche lettera se non alcune parole dopo averle ricevute, come se fossero in un Buffer, in una memoria tampone, per fare in modo che la mano riuscisse a scrivere in tempo. Il professionista che si affaccia quindi sulle frequenze amatoriali rimane spesso interdetto nell’ascoltare gli errori non corretti o la classica “colla” come si usa dire che quasi tutti i radioamatori, chi più chi meno, eseguono nella loro manipolazione. Da qui la difficoltà di ricezione che incontrano non essendo abituati a trasmissioni “garibaldine” proprio perché ricevono carattere dopo carattere e non un insieme di storture che alla fine fanno intuire cosa stanno trasmettendo. Non si deve scordare che quando il professionista doveva ricevere un lungo testo, magari degli avvisi ai naviganti o la stampa, si poneva in automatico cioè riceveva automaticamente senza capire cosa scriveva. In questo modo si aveva la certezza di non fare errori e di non stancarsi. Naturalmente il cervello registrava i caratteri trasmessi bene, non certo le deformazioni. Magari si riceveva pensando ai propri amici o alla propria ragazza, alla famiglia, non era importante. Però alla fine della ricezione si aveva il testo perfettamente scritto come se lo avesse fatto un altro. A che pro ricevere per mesi testi cifrati? Il classico convenuto. Perché sforzarsi a trasmettere per lungo tempo un’accozzaglia di testi in convenuto? Tutto aveva una sua logica, almeno una volta. Già, una volta perché oggi tutto questo sembra obsoleto, antico. Adesso basta una tastiera e il gioco è fatto. Addirittura neanche con la tastiera si effettuano collegamenti con cui scambiare qualche parola, ormai è anche troppo trasmettere 599 a mano. Ci sono i Keyers con memoria che trasmettono tutto e mille software che ricevono al posto delle nostre orecchie e trasmettono al posto del nostro tasto.
Coloro che provengono dalla professione, quando si affacciano a questo nuovo modo di concepire il CW hanno un gesto di rifiuto per l’approssimazione che inevitabilmente ascoltano in frequenza. Naturalmente questo è quanto succede agli ex professionisti all’inizio, poi una volta capito qual’ è l’andazzo a poco a poco si mettono “alla via” come si dice in Marina. In questo mondo sarebbe veramente assurdo rispettare le regole rigide che esistevano nel Servizio Radio Mobile Marittimo. Non avrebbe alcun senso. Infatti comprendono e sopportano volentieri quanti stanno iniziando la lunga strada della radiotelegrafia, facendo di tutto per mettere a proprio agio il corrispondente. Il fine che hanno imparato durante la loro istruzione e il lavoro effettuato in tanti anni, era quello di far capire, agevolando in tutti i modi possibili, il corrispondente.
Quando però si incontrano in frequenza, e se ne incontrano molti, operatori ormai esperti con tanti anni di pratica alle loro spalle che, infischiandosene del corrispondente, si preoccupano esclusivamente di “far vedere” la propria bravura magari velocizzando quanto stanno trasmettendo perché in definitiva si crede, a torto, che più si corre, più bravi si è, cadono le braccia a terra, come si usa dire.
Qualche volta si incontrano operatori molto bravi ma incapaci di variare il loro standard di manipolazione. Non riescono neanche sforzandosi a ridurre un poco la velocità con cui sono abituati ad andare. Vorrebbero adattarsi al corrispondente ma non ne sono capaci. Comunque, anche questi operatori stanno sparendo dalle frequenze. Difficilmente si incontrano persone che sono disposte a fare quattro chiacchiere in CW. Guai a volte chiedere qualcosa in più del nome e del QTH, di solito la risposta è: TKS MANY 73 naturalmente in inglese. Pare che la cosa più importante sia il “CONTATTO”. Ci si vanta di avere nel proprio log migliaia e migliaia di QSO. Certo è una bella soddisfazione! Anche se poi non si riesce a ricevere il nome e il QTH. Che importa? C’è sempre internet che ci aiuta in qualche modo. La difficoltà che si incontra nello scambiarsi qualcosa in più delle solite formalità spinge gli O.M. di oggi a specializzarsi nei Contest. In quel modo è possibile fare CW basta rispondere 599 e il gioco è fatto. Si fanno esercizi anche di un certo impegno per la ricezione dei nominativi.
Esistono software che imitano perfettamente tutte le difficoltà che si possono incontrare in un PILE-UP vero. Vi sono addirittura dei record mondiali che attestano a che velocità questo o quell’altro O.M. ha ricevuto i nominativi. Cose spaventose che a sentirli si direbbe che siano computer non uomini . Salvo poi non riuscire neanche a scambiarsi qualche parola in chiaro a velocità ridotta. Che cosa strana! Come se il cervello imparasse a ricevere solo determinate cose a determinate velocità. Basta cambiare alcuni parametri e, anche se la ricezione in linea di principio sia più facile, addirittura elementare, rispetto a quella a cui sono abituati, ed ecco che si è in difficoltà. Gli esercizi che si eseguono per imparare a ricevere i nominativi e a trascriverli sul pc sono fini a se stessi. Non è vero, infatti, che se si riesce a ricevere una sfilza di nominativi ad altissima velocità, si riesca anche a ricevere un testo cifrato oppure in italiano e a trascriverlo. I cervello impara solo quello che gli si insegna per raggiungere un dato obiettivo. Anche tra nominativi di OM e nominativi del Servizio Radio Mobile, ci sono delle differenze che il cervello avverte. Chi è abituato a sentire sempre i soliti nominativi acquista una scioltezza meravigliosa nel riceverli. Basta cambiare il tipo dei nominativi e tutto si fa difficile. Naturalmente mi assumo la responsabilità di quello che scrivo perché prima l’ho verificato e non solo sulla mia persona. Quindi il QRQ, (cioè come si usa dire tra O.M). la ricezione e la trasmissione ad alta velocità è una delle varie possibilità che l’operatore ha per esprimersi in Morse, non certo la più prestigiosa. Perché basterebbe non ricevere a mente ma scrivere quanto si sente per mettere subito in difficoltà chi è abituato alla “chiacchierata”. Bisognerebbe avere installato un software che invece dei caratteri scrivesse direttamente le parole perché l’abitudine all’alta velocità consente di ricevere direttamente il suono delle parole se non addirittura delle frasi.
Per la manipolazione poi, a seconda del tasto che si usa, inevitabilmente cambia anche il tipo di trasmissione che ne deriva. Impossibile seguire i parametri del Morse esattamente come devono essere con un verticale, un semiautomatico, un tasto doppio (sideswiper) o un automatico con tutte le varianti che il proprio keyer gli permette. Con ognuno l’operatore si esprimerà al meglio compatibilmente col tipo di tasto che sta adoperando in quel momento. Il tutto è legato alla manualità dell’operatore ed essendo umano, anche il più bravo di tutti, per chi sa ascoltare, commette delle imperfezioni legate anche al tipo di tasto usato in quel momento. Ci sono poi operatori che non seguono esclusivamente i parametri imposti dal Morse, ma una loro musicalità esagerando con alcune caratteristiche dei vari tasti che utilizzano. Ne deriva una personalizzazione che spesso è anche piacevole ascoltare. Altri invece, malgrado l’impegno, non sono affatto divertenti da sentire.
Quindi, nonostante ogni operatore abbia una sua spiccata caratteristica che si può definire “calligrafia” questa cambia in qualche modo a seconda del tipo di tasto usato. Ci sarà sempre un tasto con cui l’operatore si troverà meglio. Spesso però, a seconda dello stato d’animo o di varie esigenze, è piacevole, per chi ne è capace, cambiare tasto. La propagazione non ci sta aiutando per niente in questi ultimi anni. Però come mai durante i Contest del sabato e della domenica si “aprono” anche le bande alte? Persino sulla 28Mhz e di sera si sentono O.M. con il loro 599. Man mano che si va avanti, sempre di meno saranno coloro che risponderanno ai CQ trasmessi sui 40 e 80 metri. Cosi va il mondo cosi bisogna prenderlo anche se a me fa male, molto male. Come già scritto sopra ci sono operatori ed operatori. Alcuni radioamatori autodidatti hanno talmente appreso lo spirito del CW che quando si sentono in aria si confondono con i professionisti.
Mentre altri professionisti si sono talmente immedesimati nello spirito amatoriale che spesso “dimenticano” la vera essenza del CW confondendosi con i radioamatori standard nella loro approssimazione. Rimane comunque fermo solo un punto: il CW. A prescindere da come lo si faccia e lo si interpreti, LUI rimane sempre inalterato. I suoi parametri non cambiano anche se qualcuno dice che in questi ultimi tempi si sta EVOLVENDO. Ebbene si, dopo un centinaio d’anni, adesso, improvvisamente, con l’avvento dei nuovi amatori, qualcosa di nuovo è arrivato all’orizzonte. Sta crescendo un embrione che si trasforma con l’aiuto di nuovi strumenti e di nuovi operatori formidabili, in qualcosa che ancora non si riesce a definire. Per cortesia! Chi afferma questo è nato ieri, malgrado tutti gli studi effettuati leggendo libri e altro, non ha nessuna memoria personale di quello che era il CW professionale. In definitiva non sa neanche cosa sia stato per non averlo mai conosciuto come fa a dire che sta cambiando? Come tutte le cose che sono state e che improvvisamente finiscono mi duole pensare che anche il CW venga dimenticato. Per fortuna in virtù dei radioamatori ancora esiste e forse continuerà a sopravvivere per lungo tempo.
Purtroppo coloro che adesso lo fanno vivere, tolto un numero sempre più sparuto, credono quasi che lo abbiano inventato loro, (quanto sono bravo, quanto sono bravo) non tenendo in nessun conto coloro che con il CW ci hanno vissuto tutta la vita. Quest’ultimi, sia perché solo alcuni sono radioamatori mentre la maggioranza sono solo nostalgici, difficilmente si mettono in mostra cercando di contrastare quanto secondo loro ci sia di sbagliato in quello che vanno ascoltando. Molti, anche per la loro veneranda età lasciano perdere rendendosi conto che non ne vale affatto al pena di prendersela o di farsi sentire. Alcuni di questi nuovi formidabili operatori su alcuni forum radioamatoriali spadroneggiano monopolizzando purtroppo ogni discussione non consentendo a chi non sia d’accordo con loro di dire come la pensa su un determinato argomento. L’informazione in un solo senso non è mai corretta e questo porta discapito a chi cerca di capire ed avere informazioni a 360°. Ne fa le spese il novizio che è quasi obbligato a mettersi nelle mani di questi “esperti” che con i loro “suggerimenti” li portano inevitabilmente verso un CW dove l’unica cosa buona è la velocità fatta con qualsiasi mezzo ed ad ogni condizione specialmente a discapito della precisione. Da qualche tempo è di moda possedere tasti particolari studiati e realizzati per le alte velocità. Se non si possiede un tasto del genere, è inutile sforzarsi per arrivare a certi livelli. Invece possedendo uno di questi gioielli, come per magia, ecco che anche il più somaro degli operatori riesce a volare .
Beato chi ci crede! La meccanica di questi tasti è talmente sofisticata che non basta più una regolazione “manuale”, che scherziamo? Ci vogliono dei comparatori di esattezza, sempre dopo aver effettuato un corso per meccanico di precisione. Insomma la cosa diventa difficile, è solo per pochi eletti. Eppure girando fra i vari siti degli O.M. via internet alla voce “i miei tasti” ne ho visti molti di questi “mostri di velocità” però solo dentro le vetrine, via radio quasi tutti i proprietari andavano avanti alla meno peggio con solito automatico doppia paletta. Non si sono resi conto che non è il tasto che fa l’operatore, ma il contrario. Non essendo in grado di scrivere un manuale inappuntabile sulla manipolazione, perché pur essendo radiotelegrafista fin da ragazzo ed avendo ottenuto il brevetto di R.T. internazionale di 1 cl. (non esistevano certificati superiori).
Pur essendo stato radiotelegrafista per due anni in Marina Militare e per oltre vent’anni nel Servizio Radio Mobile Marittimo sia sulle navi (bananiere, merce varia, carboniere, petroliere, gasiere, passeggeri) sia presso Stazioni Radio Costiere (Anconaradio/ICA e Romaradio/IAR), mi sento ancora un ignorante, consapevole che molte cose ancora non le conosco. Conscio di queste mie limitazioni, spero che, raccontando le mie esperienze provate durante la mia istruzione come R.T. possa, in qualche modo, aiutare quanti abbiamo necessità di imparare qualcosa che forse non c’è scritto su nessun manuale.
Mi chiedo però con quale professionalità (coraggio? Incoscienza?) alcuni, che non sono stati neanche istruiti, siano stati in grado di scrivere addirittura libri su questa materia. Prima di iniziare il racconto dei miei ricordi, che risalgono al 1967, vorrei aggiungere che la mia esperienza mi suggerisce di sostenere che al fine di una buona manipolazione qualsiasi metodo è buono, qualsiasi modo di impugnare il tasto è corretto, a prescindere da quanto dicono i vari professori, che bisogna fare così e bisogna fare cosà.
Questo l’ho verificato ascoltando operatori bravissimi che impugnavano il pomello e muovevano il polso in maniera completamente diversa l’uno dall’altro, senza tener conto di chi non appoggia neppure il gomito sul tavolo o di chi trasmette addirittura in piedi. In definitiva è l’abitudine, la continuità di adoperare il tasto in una data maniera che consente all’operatore di manipolare bene in una maniera invece che in un’altra. Io non essendo a conoscenza, se non nella stessa misura di quanti hanno letto sulle riviste, libri o attraverso internet, e l’hanno fatta loro, (proprio bravissimi) di altri metodi di manipolazione, descriverò solo quello che conosco bene perché mi è stato insegnato da un istruttore che a sua volta l’ha appreso da un altro istruttore. Sono consapevole che oggi quasi nessuno più insegna a manipolare con il tasto verticale.
Perché adoperare la “zappa” quando esistono i tasti automatici? (Ha scritto qualcuno). Già e allora perché trasmettere ancora con il Morse, apparati, antenne, quando c’è il telefono? Forse il perché sta semplicemente nella difficoltà che si incontra per imparare a manipolare bene e ancor di più nell’allenamento assiduo che si deve effettuare per non perdere… il “polso” … ma vogliamo mettere il piacere che se ne ricava?... Perché dopo tutto, questo, cioè il CW, non lo facciamo per il nostro piacere? Comunque nonostante l’impegno che oggi possiamo metterci per l’apprendimento e la manipolazione corretta del tasto verticale, non riusciremo mai a d avvicinarci a coloro che ci hanno preceduto. Nel senso di velocità di esecuzione e scioltezza nella manipolazione.
Ieri, e per ieri si intende coloro che lavoravano giornate e nottate intere col verticale, avevano raggiunto una padronanza che oggi non si può avere perché non esistono più le condizioni. Accontentiamoci di quello che riusciamo a raggiungere con i nostri esercizi, il piacere sarà comunque senz’altro assicurato.
La manipolazione del tasto verticale metodo speciale del Cavalier Tommaso Saso.
Gli allievi della Scuola Guglielmo Marconi di Roma lo chiamavano semplicemente il Cavaliere, egli era il direttore della Scuola per Radiotelegrafisti che sfornava, da innumerevoli anni, marconisti per le navi mercantili. Aveva appreso il CW all’età di otto anni, da suo padre che era un telegrafista presso una stazione ferroviaria. Si risale ai primi del 900. La telegrafia il Cavaliere l’ha sempre avuta nel sangue, tanto che aprì la scuola non solo per una forma di sostentamento economico ma anche per il piacere di insegnare il CW. . Da casa mia presi il filobus numero 36 che portava direttamente alla stazioni Termini e da lì mi incamminai verso piazza Indipendenza. La scuola si trovava in via Palestro 49, praticamente a due passi dalla piazza.
Erano poche centinaia di metri, forse seicento metri non di più. Non sapevo cosa mi aspettasse, non avevo nessuna idea di come sarebbe stata questa scuola ne se sarei stato in grado di affrontare la materia che supponevo fosse la più ostica di tutte: il Morse. A casa molte volte avevo fermato la sintonia del ricevitore casalingo su certi segnali strani incomprensibili che riconoscevo come Morse ma che sinceramente non riuscivo a capire. Non potevo credere che un essere umano potesse interpretarli ed addirittura tradurli in parole chiare, eppure, anche nei tanti film di guerra che avevo visto al cinema, la cosa era possibile. Sarei riuscito ad imparare? Giunto sul posto entrai attraverso un enorme portone con indicato il numero 49. Dall’esterno c’era sotto ad alcune finestre, al primo piano, una striscia pubblicitaria, forse in plastica, che indicava che all’interno si trovava la Scuola Marconi. Quindi non era un istituto in un palazzo a se stante, ma un appartamento o forse due collegati insieme che fungevano da scuola. Un cartello all’interno dell’atrio, indicava di prendere la scala sulla sinistra per raggiungere l’Istituto.
Mi incamminai verso le scale e giunto sul pianerottolo del primo piano una porta a vetri con su scritto Istituto G. Marconi mi diede il benvenuto. All’interno un lungo corridoio occupato da moltissimi ragazzi che si affollavano davanti alle porte di alcune stanze sulla destra del corridoio stesso. Alcuni di quei ragazzi indovinai erano miei compagni di corso, li vedevo sperduti e anche spaventati esattamente come me, altri invece, li vedevo tranquilli, sicuri di loro. Scoprii in seguito che quest’ultimi erano gli anziani che ormai erano agli sgoccioli del corso. Sentivo da qualche parte il suono del Morse ma non riuscivo a capire se fosse una trasmissione oppure se fossero due o se fosse altro.
Avanzando di qualche metro e facendomi largo fra i miei futuri compagni, entrai in una stanza dove vi erano parecchi tasti posizionati sui tavoli per le esercitazioni. Alcuni di questi erano manovrati, forse non è il termine adatto ma non ne trovai allora uno migliore, da alcuni ragazzi che sembravano si scambiassero informazioni. Questo pensai guardandoli in viso. Come facessero però a capirsi era un mistero. E pensare che io dovevo arrivare a quel risultato! Molti dubbi mi si affollarono in mente. Ci riunirono in una aula dove seduti in strani banchi, non potevamo fare a meno di vedere un cartello rettangolare che giganteggiava di fronte a noi occupando, con la sua scritta, quasi tutta la parete.
Era il motto della scuola: SE INSISTI E RESISTI RAGGIUNGI E CONQUISTI.
Sicuramente significativo, molto significativo. Eravamo una trentina di allievi dai 17 ai 30 anni, infatti fra noi c’erano delle persone mature, poche in verità ma che mettevano suggestione a quelli più giovani come me. Quasi tutti i “vecchi” avevano già esperienza del Morse in quanto durante il servizio militare avevano svolto attività radio come radiotelegrafisti. Questo però non interessò minimamente il Cavaliere che non tenne in alcun conto la loro esperienza precedente. Iniziò facendoci imparare le prime 5 lettere dell’alfabeto del codice Morse, poi ci raccomandò di esercitarci a ripetere il suono che ci aveva fatto ascoltare, anche fischiando o imitando il suono con un TI per i punti e un TA per le linee. Ogni giorno ci faceva ascoltare tramite altoparlante il suono dei caratteri che avevamo imparato nei giorni scorsi e quelli del giorno precedente fino ad arrivare alla conoscenza di tutti i caratteri, di tutti i numeri e dei segni di interpunzione. Ci interrogava continuamente per rendersi conto se tutti avevamo imparato perfettamente il Codice Morse, quando fu soddisfatto iniziammo a ricevere e a scrivere su fogli, in corsivo, soltanto alcune lettere dell’alfabeto, aggiungendo poi le altre man mano che si rendeva conto che tutto il corso era in grado di andare avanti. Arrivammo a ricevere a una bella velocità senza aver toccato ancora un tasto.
La voglia di andare in sala esercitazione era tanta ma ci fu proibito inesorabilmente. Il tasto era tabù. Il Cavaliere si raccomandava sempre di non toccare mai i tasti e di non provare a trasmettere se prima non avevamo bene in testa il suono dei vari caratteri. Ormai si riceveva già da qualche tempo e anche ad una buona velocità, eppure ancora, non ci faceva toccare nessun tasto. Poi un giorno, senza alcun preavviso ci chiamò uno per uno alla sua cattedra dove aveva messo un tasto verticale collegato con un oscillofono e altoparlante. Il tasto era del tipo postale, in ottone con la base in legno. Quando fu il mio turno, il Cavaliere mi fece vedere come dovevo mettere le dita sul pomello e come dovevo poggiare il braccio sul tavolo. Mi toccò il polso alzandolo un po’ e con le dita della sua mano sopra il mio polso, iniziò a muoverle facendomi trasmettere una serie di punti. :- senti come sono corti questi punti? Ecco devi cercare di fare i punti in modo che il contatto sia più rapido possibile. Non voglio sentire mezze linee o punti strascinati. Una bella azione di polso e il gioco è fatto. – Quando mi tolse la mano dal polso continuai da solo a fare i punti ma il suono che ne derivò non era lo stesso. Comunque mi lodò ugualmente incoraggiandomi: - bravo Pappalardo, avrai una buona trasmissione, te lo dico io. – Mah pensai, come può dirlo se ho toccato il tasto per la prima volta solo adesso? Eppure a nessun altro allievo glielo aveva detto. Sinceramente non sapevo che pensare! Subito dopo distribuì a tutti dei tasti che aveva portato dentro uno scatolone. Erano tutti abbastanza malridotti, molto usati, per questo li pagammo veramente poco. Erano il nostro ferro del mestiere, ma solo per imparare. L’esercizio consisteva semplicemente nel trasmettere una serie di punti posizionando il contatto del tasto con uno spazio che il Cavaliere ci indicò in maniera che fosse abbastanza distanziato. Il rumore che ne veniva fuori era tremendo. Trenta persone a battere contemporaneamente sul proprio tasto… e ognuno col proprio ritmo! Il secondo esercizio consisteva nel trasmettere semplicemente le lettere: I E S H e il numero 5 uno di seguito all’altro e poi iniziando dal 5 ritornare indietro. Gli esercizi poi variarono mischiando i vari caratteri e il 5 in maniera causale per alcuni giorni, poi quando il Direttore ritenne che avevamo sciolto abbastanza il polso, iniziò a farci vedere come si dovevano fare le linee. Il polso doveva muoversi in maniera che le linee fossero una di seguita all’altra senza quasi essere staccate. Era difficile cercare di non staccare quasi una linea dall’altra perché era tutta questione di polso. Solito schema: 1 linea 2 linee e così via per poi tornare indietro. Poi la combinazione con tutti i caratteri di solo linee mischiati. Per alcuni giorni ci fece fare gli esercizi con i punti e con le linee separati gli uni dagli altri, poi iniziò a farci trasmettere la combinazione punto-linea tipo A W J 1 poi quelli con : A U V 4 fino ad arrivare all’inverso cioè : N D B 6 ed infine tutto l’alfabeto. Si raccomandava sempre il nostro Cavaliere di non scordare di effettuare, ogni volta che si iniziava un nuovo esercizio, di sciogliere il polso con i primi esercizi dei punti e delle linee, almeno una volta. Quando, controllandoci si convinceva che eravamo tutti più o meno allo stesso livello, iniziò a farci fare esercizi di 5 caratteri per volta così come i testi che ricevevamo. Ormai erano gli stessi che da tanto tempo ci riempivano la testa. Per la ricezione ci controllava ogni settimana per verificare se quanto scritto corrispondeva esattamente alla trasmissione ricevuta. Se tutto andava bene aumentava di qualche carattere la velocità della macchina automatica. Altrimenti insisteva ancora fino a che tutti non fossimo allo stesso livello. In trasmissione il controllo lo si effettuava giornalmente tramite la macchinetta telegrafica scrivente sulla striscia di carta. Impossibile non accorgersi degli errori sia nei caratteri e sia nelle distanze lasciate tra i caratteri stessi e le parole. Man mano che si alzava la velocità il controllo veniva anche effettuato cercando di seguire, con il proprio tasto, l’esercizio che si stava ricevendo.
Eravamo costretti ad accompagnare il ritmo esatto della macchina. Poi il Cavaliere, improvvisamente abbassava il volume della ricezione fino a che in cuffia non arrivava più alcun segnale. Dovevamo però proseguire imperterriti la manipolazione del testo fino a che, dopo qualche minuto, ritornavamo a sentire di nuovo. Difficilmente riuscivamo a restare sincronizzati con la macchina ma giorno dopo giorno, si migliorava sempre più fino ad arrivare quasi al sincronismo perfetto. Inevitabilmente la competizione fra di noi si scatenava. C’era sempre chi riusciva a trasmettere più velocemente di un altro e qui interveniva sempre il Cavaliere che si raccomandava di cercare di non correre. Il segreto, diceva, non è cercare di velocizzare la manipolazione, anzi, così facendo si forzava in qualche modo la natura stessa dell’individuo facendogli fare di solito degli errori che poi difficilmente si potevano correggere. Bisognava invece cercare di trattenersi, cercare di effettuare quanti più esercizi possibili e far sciogliere il polso. La velocità sarebbe venuta da se, senza alcuno sforzo e quella sarebbe stata una velocità di precisione, senza alcuna fatica e duratura nel tempo. Una velocità di crociera standard ottenuta dalla scioltezza del polso e non conseguita per questione solo di nervi o di uno sforzo momentaneo. Non ho scritto come il Cavaliere desiderava che tenessimo il braccio sul tavolo ne come si dovevano tenere le dita sul pomello.
Naturalmente seguendo i suoi consigli io mi sono trovato bene e probabilmente anche altri si troveranno bene ma, sono certo che non è indispensabile seguirli alla lettera. Comunque solo per la curiosità di alcuni descriverò in sintesi: Il tasto dev’essere posizionato a circa 40 cm, dal bordo del tavolo e il braccio con il gomito appoggiato, deve avere un certo angolo di solito dai 35 ai 45 gradi rispetto al tasto. Naturalmente non appoggerà soltanto il gomito ma anche parte del braccio meno la parte interessata del polso. La maniera di prendere il pomello del tasto è a scelta. Si consiglia però di accostare il pollice sul lato sinistro del pomello, mentre l’indice e il medio leggermente piegati devono stare sul bordo del pomello stesso con il medio leggermente scostato a destra. L’anulare e il mignolo devono essere piegati verso il palmo della mano ma non troppo. Meglio sarebbe se fossero lasciati sciolti come contrappeso per aumentare il ritmo. Le dita della mano e il polso devono restare rilassati.
Però bisogna cercare di non lasciare mai il pomello perché poi in velocità lasciare e riprendere potrebbe far perdere un po’ di cadenza. Ripeto tutto questo non è indispensabile non si spiegherebbe infatti come mai individui che non adoperano questo metodo riescano in definitiva a manipolare benissimo. Esercizio e controllo, controllo ed esercizio. Non vi sono segreti, proprio nessuno.
Natale Pappalardo Op. Lino IZ0DDD