
VIAGGIARE
Uno dei desideri maggiori dell’uomo è viaggiare e quindi spostarsi, conoscere, imparare ecc. Da sempre lo abbiamo fatto, sia per necessità, sia per piacere o per entrambi. Esiste però una percentuale dell’umanità a cui non piace viaggiare, i cui componenti sono considerati da molti psicologi come delle persone introverse, ansiose, che non desiderano scoprire cose nuove e che credono di vivere già in un ambiente ideale e soprattutto conosciuto. In questa percentuale ci sono anche delle persone, che pur avendo viaggiato molto durante la loro vita, non desiderano continuare a spostarsi ancora solo per il gusto di farlo.
Io sono tra questi ultimi! A prescindere dagli psicologi, non sono affatto introverso e pieno di ansie solo perché non desidero più viaggiare. Fin da bambino mi sono trasferito dalla mia zona di origine la Sicilia, a Genova Sampierdarena, dove ho frequentato l’asilo e la prima elementare. In seguito con la mia famiglia ci trasferimmo a Cornigliano, un quartiere più a ovest verso Sestri ponente dove hanno costruito l’aeroporto, lì ho frequentato il resto delle elementari. In seguito ci trasferimmo a Roma in vari quartieri, tra cui Don Bosco, Centocelle, Montesacro. Ogni volta era una scoperta per me. Specialmente all’inizio a Genova, l’impatto con il mio dialetto con quello genovese è stato traumatico.
Tutto ciò però non è il viaggiare che si intende, cioè la classica vacanza, qui si intende trasferirsi da un posto all’altro per lungo tempo o per sempre senza più tornare indietro. Però per trasferirsi occorre viaggiare, occorre portarsi dietro non uno zaino o delle valigie, bensì tutto il possibile. Bisogna trovare una sistemazione per un lungo periodo, adeguarsi alla nuova zona e principalmente non si può tornare indietro. Se viaggiare per diletto comporta un certo impegno, figuriamoci cosa significhi trasferirsi. Da sposato ho vissuto nel paese di mia moglie per 5 anni, ad Allumiere, un piccolo centro sopra le colline di Civitavecchia, per poi trasferirmi a Fiumicino quando faceva ancora parte del comune di Roma.
Il lavoro che ho scelto mi ha costretto a viaggiare, infatti sono diventato marconista a bordo delle navi mercantili e perciò ho girato quasi tutto il mondo. Mi spostavo per lavoro, certamente, però durante le soste della nave in porto, essendo fortunatamente completamente libero, mi comportavo da turista in quasi ogni porto che toccavamo. La priorità per me in quel periodo della mia vita era girare, conoscere, vedere. Perciò sceglievo le navi accuratamente in base alla loro tipologia, ai viaggi che effettuavano e alla durata delle soste in porto. La contropartita era che su quel tipo di navi lo stipendio era inferiore rispetto alle petroliere o altro genere di navi dove si guadagnava di più. Scoprii in seguito che, per le mie esigenze, i migliori imbarchi si potevano effettuare sulle navi frigorifero per i seguenti motivi:
1) Erano navi bianche, cioè trasportavano merce alimentare, come carni, frutta, pesce e al ritorno si caricava merce che non sporcava le stive, come macchinari in casse sigillate ecc. Insomma erano navi pulite. Immaginate invece essere a bordo delle carboniere, petroliere, gasiere, trasporto animali ecc.
2) Veloci tanto da superare spesso in velocità le basse pressioni che indicavano cattivo tempo.
3) Trasportavano sempre 12 passeggeri. Perciò a bordo era piacevole intrattenersi con loro, specialmente per me che ero quasi sempre disponibile e anche a causa della radio, telefono ecc.
4) Si attraccava sempre vicino al molo passeggeri, dove c’erano i frigoriferi, cioè a due passi dal centro città. Spesso uscendo a piedi dal porto ed ero già in centro. Di solito uscivo da solo di giorno perché gli altri avevano il loro da fare a bordo. Scarpe da ginnastica e via in giro. Molte volte neanche tornavo a bordo, soprattutto se incontravo con chi passare il resto della giornata e spesso della nottata.
Era facile incontrare qualcuno con cui fare amicizia. Essendo straniero attaccavo bottone facilmente con la scusa di informazioni ecc. Sceglievo accuratamente la persona adatta con cui intrattenermi e con lei mi si apriva un mondo che per un turista normale, era impossibile vedere e toccare. Io entravo sempre all’interno del paese preso per mano e condotto dall’indigeno di turno. Mangiavo e bevevo il meglio del luogo per alcuni giorni e a volte per mesi, vivevo esattamente come loro. Anche se ogni tanto ritornavo a bordo per cambiarmi ecc. Non in tutti i porti potevo permettermi questo lusso, però il più delle volte accadeva.
Il mio obiettivo era, nel caso di una piccola città, andare presso l’ufficio postale principale che quasi sempre si trovava al centro del cuore pulsante della città. Mi sedevo nelle sue vicinanze in un bar all’aperto o sugli scalini di qualche scalinata e osservavo la gente che mi passava di fronte. Guardavo i loro vestiti, li seguivo mentre gesticolavano parlando fra di loro, li confrontavo con persone di altri luoghi, soprattutto le differenze che osservavo rispetto a noi. Il tempo passava ed io imparavo molto soltanto guardando, alla fine, se non notavo niente di interessante per strada, nel senso di entrare in contatto con qualcuno, mi dedicavo ai negozi o all’ufficio postale stesso. Confesso che erano le impiegate o le commesse il mio scopo principale. Nel caso si trattasse di una grande città, allora le mete erano sempre le solite pubblicizzate ovunque: la piazza famosa, il monumento che attirava la gente, la cattedrale mitica del luogo, il museo ecc. Di sera, invece, uscivo quasi sempre con uno o due dell’equipaggio, ma il fine era sempre lo stesso in ogni luogo si andasse. Lo devo scrivere e spiegare oppure ci arrivate da soli a capirlo?
Comunque per quanto mi riguardava, al massimo io potevo uscire con i miei compagni di bordo una o due sere, poi per fortuna, avevo altro da fare per conto mio che andare con loro. Mi sono abituato perciò a girare per le città da solo e a dosare il passo a seconda delle mie condizioni fisiche e di piacere. Ancora oggi non sopporto, se non per brevi momenti e solo se costretto, seguire gli altri e adeguarmi a loro. Purtroppo non mi adatto a nessuno! In definitiva, il turista propriamente detto, lo facevo per poco e sempre a modo mio. Viaggiavo per lavoro certamente ma si trattava solo di muovermi con un mezzo che mi trasportava da un posto all’altro. Una volta raggiunta la meta, ero svincolato dal lavoro e dalla necessità per la maggior parte della sosta della nave in porto. Ho scritto turista perché con questo termine si intende chi viaggia per diletto. Bisognerebbe però distinguere cosa significa davvero. Il turista fai da te? Il mordi e fuggi? I viaggi organizzati? Ecc. ecc.
Una volta solo i ricchi potevano permettersi di viaggiare, a meno che non lo si facesse a piedi e con grandi sacrifici. Poi nel tempo il viaggiare è diventato alla portata di tutti. Sicuramente c’è sempre una grande differenza tra chi viaggia per necessità e chi viaggia per piacere. Così come chi ha a disposizione molto denaro e chi invece ne ha poco o pochissimo. Chi ha tempo e chi non ne ha. Infine chi è costretto a viaggiare soltanto in determinati periodi e chi può scegliere quando. Posso anche distinguere che c’è chi sceglie la semplicità e chi invece se non ha tutte le comodità neanche si sposta da casa. Viaggiare significa anche spostarsi in bicicletta e magari andare sull’Etna, sul Monte Bianco fino al limite del possibile. Non esiste un confine per descrivere in quanti modi si possa viaggiare, almeno io non riesco a definirli tutti. E neanche provo a esprimere cosa possa provare un qualsiasi turista quando si trova di fronte e ciò che gli interessa. Ognuno vede e sente a modo proprio. C’è anche chi visita un determinato luogo non per sé stesso, bensì per scattare un selfie, come dicono adesso, per mostrarlo agli altri.
In questi ultimi tempi, parlo di decenni, il viaggiare per diletto ha assunto un compito importante per l’economia in generale. È un capitolo fondamentale per il PIL di diversi paesi. Lo sviluppo del settore ha contagiato tutti rendendo il turismo, in molti paesi come l’industria principale. Anche il semplice cittadino che possiede una casa, un appartamento, una struttura atta ad ospitare persone, si è trasformato in un piccolo imprenditore che affitta, noleggia o altro di quello che possiede. Anche una sola stanza all’interno del proprio appartamento. Gli affittacamere ci sono sempre stati però adesso non si riesce più a trovare un appartamento in affitto anche perché esistono altre possibilità di guadagno con i così detti B&B. La situazione in un primo momento idilliaca, a poco a poco sta diventando sempre più problematica a causa delle tasse che lo stato sta creando per ridurre in qualche modo questa opportunità di guadagno e probabilmente anche per poter sfruttare meglio l’impresa delle singole persone. Si viaggia ovunque e comunque, anche se ultimamente, dall’11 settembre del 2001 la situazione dei controlli, che doveva essere temporanea, è diventata cronica. Purtroppo i viaggi in aereo hanno dei controlli rigidi e numerosi che disturbano fortemente i viaggiatori. Ci vuole più tempo per farsi controllare che per effettuare il viaggio in volo, almeno in Europa. Regole create dalle compagnie a basso costo sui bagagli, la presentazione dei documenti in continuazione agli addetti ai lavori e infine, camminare camminare e ancora camminare per raggiungere il proprio Gate. Al ritorno è quasi lo stesso tran-tran. Nonostante il disagio evidente, i viaggiatori sono sempre più in aumento. Probabilmente prenotando con grande anticipo si ottengono sconti eccezionali sui biglietti e questo influisce grandemente sulla scelta di viaggiare in aereo.
In questo articolo non desidero però dedicarmi a chi ama viaggiare e quindi sopporta ogni imposizione con stoicismo. Anelo soltanto spiegare perché io non sono più interessato a viaggiare.
Ormai è da qualche anno che soffro di questa mancanza di “passione” e ciò si accompagna anche alla scarsa considerazione per il gusto di una pietanza o di una bevanda in particolare. Non che tutto lo considero identico, affatto, ci sono cose che mi piacciono e altre che non sopporto. Però sempre di più tendo a non innalzare il livello del piacere verso determinate cose, siano pure paesaggi meravigliosi che incantano chiunque o pietanze che appena due decenni fa mi mettevano l’acquolina in bocca. Noto senza alcun dubbio il buono, il bello rispetto al cattivo e al brutto, però ho perso il superlativo! Mi spiace molto non provare più ciò che provavo un tempo e che ancora osservo negli altri, anche quando sentono un odore particolarmente intenso di una pietanza che adorano oppure sorseggiano un buon bicchiere di vino, per esempio. Sono diventato insensibile? Forse, però a volte ricevo delle sensazioni che mi toccano nel profondo e di cui non posso fare a meno di commuovermi. Magari mille paesaggi li vedo come se osservassi una fotografia, poi all’improvviso vengo “toccato”. Quel paesaggio che magari ad altri non dice niente, a me trasmette delle emozioni talmente forti che mi vengono le lacrime agli occhi. Può anche non essere un paesaggio, ma soltanto una situazione anche rapida nell’apparire e ancora più veloce nell’andarsene. Eppure mi rimane dentro per sempre! Credo che da tempo ormai io abbia smesso di vedere con gli occhi e sentire con le orecchie. Il tutto lo devo ricevere come se si trasmettesse un’emozione. Un poco come quando si ascolta un pezzo musicale o si ammira un quadro. È l’emozione che comanda, solo quella! Se non c’è, niente ha valore, niente conta! Io non mi rendo conto di come gli altri “sentano” le cose. Però ho l’impressione che per loro tutto è bello, tutto vale, tutto conta. Li vedo entusiasti nell’andare sempre oltre ciò che ormai hanno superato, come se avessero digerito quella piazza, quel monumento, quella chiesa e siano pronti a vedere ciò che c’è oltre la collina per poi passare a quella successiva senza fine. Avranno metabolizzato tutto? Si ricorderanno di tutto? O forse come me, se non ricevono emozioni, appena girano gli occhi, tutto gli scompare come se non lo avessero mai visto? Probabilmente io sono in torto, infatti non ci sarebbe scopo di viaggiare se davvero fosse così come ho descritto. Forse sono io che ho sempre avuto problemi fin da ragazzo. Mi sono sempre più interessato della gente, dell’umanità anziché delle cose. In Australia mi divertivo a cercare di indovinare quante razze ci fossero in un singolo individuo che magari mi passava accano. Non che rimanessi indifferente di fronte alla baia di Sydney o all’Opera House, al giardino botanico e a mille altre cose. In Giappone, in Sud Africa, a Cuba e in altri luoghi non rimanevo indifferente.
Qualche volta mi sono chiesto perché chi ha la sfortuna di vivere in un luogo che ha dei problemi magari di clima piuttosto ostile, come troppo caldo o troppo freddo, oppure altre problematiche, non fugge per cercarsi un posto migliore? Molti lo fanno, però i più rimangono ancorati nel luogo di nascita, nel posto dove sono abituati a vivere pur con le difficoltà descritte. Probabilmente ci sono numerosi altri fattori che entrano in gioco, come l’affetto dei parenti, degli amici, le abitudini giornaliere, i ricordi del passato e chissà quante altre cose! Questo non ha niente a che fare con i viaggi, però tutto serve per capire cosa spinge a lasciare i luoghi dove si vive abitualmente per evadere dal solito tra-tran. Impossibile per me capire cosa passa nella mente della gente e dei loro sogni. Meglio descrivere cosa significhi per me viaggiare oggi alla mia età (76 anni) e non cercare di capire cosa significhi per gli altri, tutti gli altri. Premetto che non ho più illusioni di un luogo perfetto, sia esso una spiaggia paradisiaca tipo le Bahamas o le Mauritius. Quanti giorni potrei resistere prima di annoiarmi a morte? E così in qualsiasi altro posto, anche bellissimo all’apparenza. Ho imparato che c’è sempre il rovescio della medaglia, sempre. Innanzi tutto bisogna arrivarci e perciò utilizzare mezzi di trasporto. Un tempo era proprio lo spostarsi da un luogo all’altro che mi interessava di più, oggi vorrei schiacciare un bottone ed essere proiettato direttamente alla meta.
Viaggiare mi stanca, mi infastidisce anche perché non posso permettermi un angolo tutto per me, affatto! Sono costretto a restare insieme ad altri passeggeri, altra gente che di solito in quanto ad educazione lascia a desiderare. Code, file, attese varie tra sudore, puzze, urla, spintoni… Se invece utilizzassi l’automobile, purtroppo oggi non sarei più in grado di percorrere con spensieratezza il circuito stradale provinciale o autostradale. Per non parlare del traffico caotico delle città o dei budelli tortuosi dei paesini di montagna, dove non esistono cartelli stradali a sufficienza. In più a causa dei miei difetti visivi, piuttosto seri, di sera e peggio di notte, non sono in grado di guidare. Ho provato a inserirmi in un viaggio organizzato e mi sono ritrovato in affanno perché bisogna correre, camminare a passo veloce per vedere tutto e di più. Tornare in albergo stanchi morti per poi in definitiva non riposare per niente su un letto sconosciuto, diverso dal solito. Persino il cuscino io non lo sopporto differente da quello di casa mia. Eppure un tempo dormivo anche in piedi! In un viaggio organizzato non si riesce a metabolizzare niente se non i problemi. I paesaggi e i luoghi meravigliosi visti, spariscono dopo poco tempo. Non si riesce a capire se li abbiamo visti davvero oppure erano inseriti in qualche video televisivo. Eppure noto negli occhi della gente la voglia di andare avanti ancora di più, di vedere, vedere e ancora vedere! Non si rendono conto che tutto e ovunque rispetta un solo codice: quello di vendere qualcosa al turista. I posti che si frequentano sono in realtà tutti identici fra di loro. Cambiano le lingue, i paesaggi, però i venditori hanno stampato in viso la stessa espressione sorridente e nello stesso tempo malinconica che ho visto in tutte i posti che ho visitato: San Marino, Gibilterra, Roma. Firenze, Barcellona ecc. esattamente la stessa che si vedono tra il personale dei Luna Park. La noia personificata! Poi in definitiva la merce è sempre la stessa, basta sostituire il nome e qualche sciocchezza e il gioco è fatto. Il viaggiare per diletto, tanto per visitare i luoghi caratteristici di una città, mi stimola poco o per niente. Invece andare in un luogo specifico, avere una meta, magari unica, per esempio andate a Torino al museo egizio, ecco questo mi interesserebbe davvero. Oppure vedere il Cristo velato a Napoli… Ma poi, prenotazioni, attese, uno sguardo e via… Non vale la pena purtroppo! Oggi mi vedo gli Uffizi standomene seduto davanti al mio PC. Così come i musei vaticani ecc. Certo non è la stessa cosa essere presente personalmente! Infatti l’emozione tramite il PC non viene trasmessa!
Vivendo ormai da molti anni nello stesso luogo, l’ho visto trasformarsi lentamente, crescere a tal punto da non riconoscere più quella frazione di Fiumicino, chiamata Focene, che prima era soltanto una spiaggia solitaria tra Fregene e Fiumicino, praticamente sconosciuta a chiunque. In piena estate, mentre ad Ostia c’era il caos di bagnanti sulle spiagge, qui sembrava di essere Robinson Crusoe, tanto si stava in solitudine. Ormai questo è solo un ricordo, tutti l’hanno scoperta e la preferiscono rispetto ad altre località dei dintorni (con mio grande dispiacere). Mi lamento e mi amareggio per il traffico estivo congestionato che prima non esisteva e di mille altre problematiche che sono arrivate col tempo. Ogni tanto sogno di fuggire lontano e trovare un’altra località come un tempo era Focene. Naturalmente è solo un sogno. Però ogni volta che mi sposto in un qualsiasi altro posto, fosse Ostia, Roma, Ladispoli ecc. quando poi ritorno a casa, apprezzo rispetto a quanto visto e sopportato fuori dalla mia zona. Se poi mi allontano visitando altre città, pur apprezzandone le bellezze, che Focene non può assolutamente possedere, mi trovo spaesato, fuori luogo. Bello per qualche momento, per dei giorni, ma il senso del diverso adesso lo percepisco moltissimo rispetto a quando ero giovane. Diventando vecchio ho messo radici in questo posto. Pur essendo solo un quartiere dormitorio, con l’aeroporto accanto che ci assorda di continuo e con mille altri problemi che ci affliggono come cittadini, io mi sento parte integrante di questo ambiente. Come se possedendo un oggetto vecchio e consumato dal tempo, non lo si cambierebbe con uno uguale però nuovo e perfetto. Quello vecchio ci conosce e noi conosciamo lui, pur essendo consumato e anche non bello a vedersi, fa parte di noi e non lo si può cambiare.
È sentimentalismo? Forse, però Anna Magnani a chi le suggeriva di cercare di nascondere gli effetti del tempo sul suo viso, rispondeva: embè? Ciò messo anni e anni per farmi venire le rughe e adesso le devo nascondere? Sembra una battuta eppure io ci vedo profondità in questa frase. Non solo rughe, infatti, ma esperienza, vita vissuta e soprattutto riuscire a vedersi dentro e trovarci probabilmente molto di più di quello che sta al di fuori di noi. Chi riesce a trovare dentro sé stesso poco o niente, è costretto a cercare al di fuori quello che gli manca. Oggi sempre più persone “viaggiano” visitando altri luoghi, vicini e lontani, forse perché sperano che altrove finalmente trovino ciò che non possiedono, certamente inconsciamente. Lo negherebbero con forza, perché non se ne rendono conto. Il viaggiare della massa di oggi non porta conoscenza, non dà esperienza, non apre la mente come si suppone, proprio per niente. Il viaggiatore di oggi, della gran massa per intenderci, tipo crocieristi sugli alberghi galleggianti, viaggi organizzati di pochi giorni, dove devi mettere in valigia pure i pattini a rotelle e altre gite simili, è come se si lanciasse un boomerang che alla fine ritorna sempre su sé stesso portando con sé, quando va tutto bene, una grande stanchezza, qualche sapore di pietanze diverse, immagini che a poco a poco svaniscono dalla mente. Tutto ciò io lo lascio a voi che riuscite, malgrado quanto ho scritto, a trovare divertimento, bellezza e piacere nei vostri viaggi, tanto da raccontare per giorni e giorni agli amici le meraviglie del viaggio. Non preoccupatevi per me che non desidero viaggiare, ho già dato nel passato, e i miei viaggi ed esperienze non posso confrontarle con quelle vostre, non si possono pesare insieme le cipolle e le mele, sono cose diverse. Non ve ne faccio certo una colpa, semplicemente per voi queste sono le vacanze, ignorate tutto il resto!